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domenica 21 aprile 2013



                             


                                           Ah, che nuvola !

                Correggio, Giove e Io, 1531-1532, olio su tela, Kunsthistorisches Museum, Wien


" O Vergine degna di Giove e che farai beato chissà chi quando ti sposerai, ritirati all'ombra di quei boschi profondi ( e le aveva indicato le ombre dei boschi ) ora che fa così caldo e il sole è al punto più alto, a metà del suo giro...addentranti tranquilla nel folto, che sei protetta da un dio, non da deuccio qualunque,ma da me che tengo nella grande mano lo scettro del cielo, da me che scaglio fulmini errabondi. Non mi fuggire!" Essa infatti fuggiva e si era lasciata i pascoli di Lerna e i campi del Lirceo piantati ad alberi, quando il dio nascose la terra per un gran tratto sotto una fitta caligine, fermò la sua fuga e le rapì il pudore" ( Ovidio, Metamorfosi, Libro I, 590-599 ) 



                                                                                  
Correggio - Giove ed Io
Correggio, Giove e Io, 1532c., olio su tela, Kunsthistorisches Museum, Wien


                         Antonio Allegri detto Il Correggio ( dalla sua città natale dove vide la luce intorno al 1489 ), dipinse questa famosissima tela fra il 1531 e il 1532 insieme ad altre tre che dovevano rappresentare, come voluto dal committente Federico II Gonzaga ( forse per la Sala di Ovidio in Palazzo Te a Mantova ), gli Amori di Giove. A fare da pendant con questa tela, delle stesse dimensioni, è Giove e Ganimede ( o Il ratto di Ganimede ), mentre le altre dovrebbero essere ( sulla scorta di Giorgio Vasari nella Vita del Correggio, che non cita però queste due tele ) la Danae, oggi alla Borghese, a Roma, e la Leda e il Cigno, alla Gemaldegalerie di Berlino, che sono però di dimensioni diverse e sviluppo non verticale, ma orizzontale ). La tela gemella di Ganimede e l'aquila , presenta una scena molto più luminosa ( due le fonti, una esterna al quadro che illumina le figure di primo piano ed una interna che dà luce al paesaggio ), caratterizzata da un paesaggio di tipo leonardesco che sfuma le tonalità dal blu al celeste via via che si allarga all'orizzonte. In alto, alla presenza, ironica, di un cane simbolo di fedeltà, vediamo il bellissimo giovane Ganimede aggrappato a Giove che si è opportunamente trasformato in aquila per sfuggire alla gelosia di Giunone e  rapire il ragazzo e portarlo con sé sull'Olimpo per farne il suo personale coppiere. Quello che interessa, qui è soprattutto il contrasto efficace fra il nero piumaggio della poderosa aquila ( la regina dei cieli compare nello stemma dei Gonzaga di Mantova ed è figura dello stesso Federico II ) e l'incarnato madre perla di Ganimede il cui volto è quello del Cupido dai riccioli biondi della Danae, mentre l'insieme del personaggio che si regge con le braccia aperte all'aquila, rimanda all'angelo che si regge alle nubi grige sotto San Bernardo nel pennacchio di sud-ovest del duomo di Parma. Si racconta che Federico, in visita al cantiere del pittore con il futuro Carlo V, si invaghì talmente dell'angelo che si regge alle nuvole, da volerlo in replica nel Ganimede ( Fabianski ). Il rapporto fra personaggio e nuvole e quello fra figura chiara e figura scura, sono riferimenti importanti per Giove ed Io e la presenza dei due dipinti vicini nella stessa sala ne è certamente un rafforzativo semantico, laddove la parte oscura rappresenta la potenza sessuale, la virilità e la parte chiara che invece rappresenta la morbidezza e la dolcezza virginale che accoglie con desiderio. L'immaginario erotico, nel Rinascimento, poteva essere visualizzato solo per il tramite del travestimento mitologico, onde evitare di incorre nelle censure ecclesiastiche laddove fosse invece rappresentato in forma troppo umanizzata. E' noto come I Modi , una serie di immagini sulle posizioni sessuali ( in verità più acrobatiche che erotiche ), disegnate da Giulio Romano e incise da Marcantonio Raimondi,nel 1524, caddero nelle rigide censure di Clemente VII e il Libro venne proibito e bruciato. Tuttavia, nel 1527, a seguito dell'ispirazione poetica di Pietro Aretino che vi redasse sopra altrettanti sonetti osceni, venne riedito di nuovo ed ebbe una circolazione clandestina piuttosto capillare.  Nel 1527, poco dopo l'impresa dei Modi, Rosso Fiorentino, Perin del Vaga e Gian Giacomo Caraglio, si impegnarono, su committenza di Bavero de'Carrocci, detto il Baviera, a realizzare una serie di incisioni intitolate Amori degli dei, dove in performances erotiche non erano delle coppie umane, bensì coppie di dei. La fonte principale erano le Metamorfosi di Ovidio, delle quali si disponeva di alcuni importanti volgarizzamenti, anche illustrati, come quello di Niccolò degli Agostini, in prima edizione nel 1522. Gian Giacomo Caraglio incise in rame molte di queste favole mitologiche che i pittori chiamavano poesie . Qui sotto vediamo una illustrazione proprio di Giove e Io databile al 1527, realizzata a bulino dal Caraglio. Vediamo Giove che si accoppia alla ninfa fra un groviglio di nubi appoggiato su di un'aquila come su di un cuscino. In alto appare, probabilmente, Giunone ( l'attributo simbolico della luna allude, per analogia, a Diana protettrice delle partorienti, non diversa da Giunone pronuba ), assiste non vista al tradimento del marito; in basso a destra, invece, abbiamo il dio fanciullo Eros che cerca di spostare le nubi per evidenziare l'amplesso.  



Gian Giacomo Caraglio, Giove e Io, 1527, su disegno di Perin del Vaga, Gabinetto dei disegni e della Grafica, Roma

                            Come possiamo vedere, nella scena non appare la violenza sessuale di Giove, ma il dio appare molto umano e la ninfa  consenziente e coinvolta ( Iconos, 16, Bertolini ). La scena rappresentata è sufficientemente dotata di un buon tasso di erotismo: come Giove seduce Io, l'immagine ha il potere di attrarre e di sedurre chi la guarda ( sedurre, deriva dal latino se-ducere, vale a dire condurre a sé ). Il criterio di base è dunque quello dell'attrazione, della conduzione degli sguardi, tipica di ogni immagine erotica. In questo senso vi è una certa differenza con la pornografia ( dal greco porne, prostituta e graphia, scritto ) , che ha invece il compito di eccitare al piacere sessuale. In questo senso i Modi hanno più un carattere pornografico perché più espliciti nel mostrare l'atto sessuale ed i suoi organi.Per meglio visualizzare i Modi, possiamo ricorrere ad una tarda edizione seicentesca forse incisa da Agostino Carracci. Nella scena sottostante possiamo vedere l'unione sessuale di Giove e Giunone. E' importante considerare che inizialmente i Modi erano stati pensati da Giulio Romano per dei dipinti da collocare nella Sala di Psiche di Palazzo Te a Mantova su commissione di Federico II Gonzaga.




File:Carracci Jupiter et Junon.jpg
Forse Agostino Carracci, Giove e Giunone, 1552-1602
Nella Sala di Psiche è illustrata la favola mitologica ovidiana di Amore e di Psiché, raccontata anche da Apuleio nelle sue Metamorfosi. Nel Convito degli dei l'illustrazione erotica è totalizzante. Il duca Federico, che era stato committente della complessa raffigurazione affidata al miglior allievo di Raffaello, Giulio Romano ( e che aveva promosso gli Amori degli dei affidati al Correggio ) era un uomo molto carnale, che aveva avuto molte amanti ed aveva frequentato i bordelli di molte città dell'Italia del Nord e del Centro. La sua intenzione era quella ci creare un cosmo erotico nello spazio aristocratico ed elettivo, un locus amoenus, di Palazzo Te. Lui stesso era al centro di questo cosmo; infatti appare nudo in figura di Giove trasformato in serpente ( con la coda serpentiforme di colore verde, il colore del drago ) mentre possiede Olimpia, regina di Macedonia, nella stessa sala.




Giulio Romano, Giove ed Olimpia, 1527, Sala di Psiche, Palazzo Te, Mantova

                Secondo la favola, dall'amore fra il dio e la regina Olimpia, nacque Alessandro Magno. Nella realtà storica Federico, amante di Isabella Boschetti, ebbe da lei un figlio a cui venne dato nome Alessandro. Pertanto nella commissione è esplicita la citazione generazionale e Federico esibendo il suo sesso esprime un'idea di possesso segnata dal travestimento mitologico e dalla volontà fecondativa e dinastica. Qui la scena che vediamo sopra può essere più che semplicemente erotica è più che altro pornografica, con gli attributi sessuali in piena evidenza e con una gestualità apertamente seduttiva. L'intenzione secondaria, però, è quella di co-involgere nell'atto, di spingere all'attenzione lo spettatore suscitando in lui il desiderio sessuale, mentre l'intenzione primaria è quella di se-durre, di trascinare lo sguardo sull'immagine per affascinare lo spettatore e condurlo al piacere aristocratico del luogo, nel mondo dell'erotismo raffinato di Federico II. Il progetto degli Amori degli dei era dunque della stessa ideologia: la favola mitologica come materiale per illustrare un erotismo raffinato ed umano che poteva essere rappresentato solo attraverso il mascheramento degli dei. Tuttavia Correggio non è così esplicitamente carnale come Giulio Romano e soprattutto non è così manierista, è molto più originale e fascinoso. Quindi, nel rappresentare la favola di Giove e Io, è costretto ad una lavorazione sul testo ovidiano e sulle trascrizioni e riduzioni rinascimentali, più radicale. Il testo è, come ha sottolineato Melania Mazzucco in un articolo su Repubblica, scardinato attraverso un artificio retorico letterario più che figurativo ( però la retorica figurativa rinascimentale, sulla quale si è poco lavorato, prevede una trascrizione in immagini del tutto identica e correlata a quella letteraria ), quello della metonimia  : l'effetto è espresso dalla causa: " la nuvola non è più il mezzo di cui si serve il dio per possedere la donna, ma il dio stesso. Nel suo quadro, Giove è una nuvola. Dipingere le nuvole ( e la nebbia ) è come dipingere l'aria o la luce. Per un pittore è la sfida tecnicamente più stimolante. Cosa sono, infatti, le nuvole? Né natura né corpo. Si possono forse toccare? Correggio accetta la sfida e la vince: dipinge una vera nuvola evanescente, eppure di una consistenza quasi materica. Plumbea, minacciosa, gonfia di pioggia, incombe su un paesaggio autunnale, un bosco di querce su cui cala l'oscurità"  ( Repubblica, 10 marzo 2013 ). Consistenza materica naturale, la densità sensuale della nuvola, che non è una nuvola teatrale, come quelle che apparivano negli Intermezzi teatrali manieristi fiorentini e che appariranno più tardi nel Gran Teatro Barocco. Una nuvola di origine medievale che si poteva vedere nel teatro di strada sacro e profano. E' una nuvola vista in cielo, un nembo che può suggestionare la fantasia dell'osservatore. Che può assumere forme bizzarre e fascinoso. Ma è una nuvola che nasconde un corpo umano e non un dio adulto e maturo come quello che appare qui sopra, il dio-serpe, ma un dio giovane, con la vigoria e la sensualità prepotente, eccitata, di un ragazzo infoiato. E per rendere questa idea Correggio umanizza la nuvola mostrando in essa un viso giovanile che esce appena dalla nebbia plumbea manifestando un volto che si presta a baciare, che spinge in avanti le sue labbra in direzione di quelle semiaperte e vogliose della ninfa Io. Ma se il viso è di giovane il braccio seduttivo, quello che abbraccia Io è in forma di zampa di animale. Ha in carattere di una animalità prepotente, ma non bestiale: è come se la zampa invece di stringere in una morsa, cingesse in un abbraccio seduttivo morbido, sensuale. La donna, nel momento principe dell'atto seduttivo, non è una inerme vittima sacrificale, una spaventata pastora o ninfa incapace di opporsi alla violenza sessuale dell'uomo dominatore, maschio e dio; è, invece, pienamente e modernamente partecipe, sa cercarsi e trasmettere all'osservatore il momento del coinvolgimento erotico, quando-attraverso il mezzo del bacio-si lascia pienamente penetrare per vivere consapevolmente l'orgasmo. La ninfa Io è seduta su di uno sperone di roccia immuschiato posata su di un lenzuolo bianchissimo che contrasta con l'incarnato perlaceo del corpo nudo. La testa è piegata all'indietro, con il mento sollevato di poco, le labbra aperte, i capelli biondi, gli occhi socchiusi, un braccio allargato a destra, un altro, a sinistra, che stringe la zampa bluastra, si aggrappa a lei, il piede sinistro puntato in terra e spostato leggermente indietro : tutto il discorso erotico è pienamente funzionale al piacere aperto ed esperto della donna. La posizione di Io nuda, vista da tergo è molto frequente nella figurazione erotica antica; Correggio si è però più propriamente ispirato alla figura in bassorilievo con Amore che bacia Psiche che si trova nell'Ara Grimani a Venezia:


File:Ara grimani, museo archeologico di venezia.jpg
Ara Grimani con Amore bacia Psiche, I sec.a C. Venezia, Museo Archeologico.


             La posizione di Psiche seduta sul drappo bianco mentre si fa abbracciare nuda da Amore è certamente molto significativa da essere un modello diretto visto da Correggio a Venezia nelle collezioni antiquarie greco-romane della famiglia Grimani. Il paesaggio autunnale molto ravvicinato al soggetto ed illuminato da riverberi crepuscolari prende atmosfera, anche simbolica ( il boschetto ai piedi della ninfa rimanda certamente al mondo dei boschi, regno di Io, ma, credo, anche al cognome dell'amante di Federico II ), grazie ai riflessi di luce che vengono rimandati, come da una teoria di specchi, nello spazio sottostante a dove la ninfa si posa. A destra vediamo anche un animale, un cervo ( meglio, una cerva ), che è simbolo tradizionale della Prudenza, che potrebbe essere contrapposta, al Vizio ( era nota la tendenza di Federico ai piaceri della carne ), ma che forse ( almeno secondo la tradizionale interpretazione ) indica l'anima che anela al divino come recita il Salmo 42 della Bibbia; anche qui per contrapposizione: Vizi terreni / Virtù divine. Si è detto che Correggio raffigura, forse per la prima volta nell'arte occidentale moderna, l'atto erotico in sé. La donna, con gli occhi socchiusi, qui non ha bisogno nemmeno di vedere il volto del suo giovane amante che compare nell'ammasso grigio plumbeo della nuvola divina; forse lo immagina, forse lo sogna, forse non gli interessa. Non è come Psiche che necessita di vedere Amore, per far scattare in lei la passione. Io è tutta protesa a dare se stessa, è donna intenta a ricevere il massimo del beneficio carnale. Non un solo muscolo del suo corpo, non nessun angolo della sua mente sono privi della presenza del dio. La penetrazione di Giove non è solo vaginale, ma anche psichica. Ella dà tutta se stessa: il corpo, la mente, l'anima. Se guardiamo il bacio fra Io e Giove in figura di viso di ragazzo, vediamo che non si tratta di un vero bacio. Il volto del dio è discosto da quello della ninfa. Appare misterioso nell'ammasso incorporeo della nube come uno spirito, quasi come un demone ( fa pensare alla recente scoperta, fatta da Chiara Frugoni, del demone di Giotto nella nube che appare nella Morte di San Francesco nella Basilica Superiore di Assisi ) che appare sinistro e affascinante allo stesso tempo ( le nubi, secondo una possibile interpretazione, erano usate, in senso simbolico, per lasciare apparire immagini significanti, come il cavaliere che appare nella nube sullo sfondo del cielo nel S. Sebastiano di Mantegna ). Forse il giovane sta dirigendo il suo volto e la sua bocca verso quella voluttuosa di Io che l'attende mentre gode dell'amplesso divino, ma si può pensare che anche non abbia importanza alcun bacio, alcun volto e che quello che si vede è solo la proiezione del desiderio erotico di Io.
Ha scritto Bataille ne L'Erotismo : " La vita umana presenta un'attività definita forse da un aspetto"diabolico" al quale conviene il nome di erotismo " .    



Correggio, Giove e Io, part.


Il carnale Giove non si può dire che trovasse tregua quanto a conquiste femminili e come aveva posseduto la bella Io, fece altrettanto con Danae, la figlia del re di Argo Acrisio, che era stata rinchiusa in una stanza sotterranea dal padre per evitare , come aveva predetto l'oracolo, che un figlio nato da lei, lo potesse un giorno uccidere. Il destino però volle che Giove si mischiasse nella faccenda perché si era innamorato della bella Danae. Così si trasformò di nuovo in nuvola e, giunto presso la stanza, penetrò all'interno sotto forma di pioggia d'oro per raggiungere Danae e fecondarla. Come possiamo vedere, a sinistra, Eros, tira via il bianco lenzuolo per scoprire il sesso di Danae e dar modo così alla sottile e penetrante pioggia d'oro di Giove di fecondarla e far nascere il futuro figlio Perseo. Scoperto l'inganno del padre degli dei, il re fa rinchiudere madre e figlio in una cassa e li fa gettare in mare. I due, però, verranno salvati e l'oracolo si avvererà lo stesso, infatti Perseo, durante una gara di giavellotto, per errore ucciderà il re Acrisio. Anche questo dipinto, come detto, doveva far parte con gli altri, della serie de Gli amori degli dei realizzata da Correggio forse per la Sala di Ovidio in Palazzo Te a Mantova. Come per Giove e Io Correggio si serve del mito per rappresentare il nudo femminile, altrimenti scandaloso e , sebbene in una figurazione molto meno sensuale che si sviluppa fra accordi cromatici contrastanti di grande raffinatezza ( il bianco delle lenzuola, l'incarnato di Danae, il rosato della nube che lascia la pioggia dorata, il giallo della tenda, l'azzurrino del cielo ) e di direzioni opposte degli sguardi ( Eros fissa la nube, Danae la pioggia che sta per penetrarla ), sviluppa una scena carica di sensualità in cui la donna è consapevole attenta del suo piacere e quasi orgogliosa e forse stupita che il dio la venga a visitare e a possedere con il segno della sua potenza : il seme d'oro. 




Correggio, Danae, 1530, Galleria Borghese, Roma

                   Un'altra nube per il sensuale Giove, anche qui nascosto, furtivo e allo stesso modo presente come un amante discreto. Ma la nube di Io...la nube che abbraccia, che bacia, che possiede, che lascia la ninfa senza fiato, le fa incurvare la schiena, spostare e aprire la gamba sinistra, gettare indietro la testa,socchiudere gli occhi,offrire le labbra, sentire pienamente e vibrare di piacere in un orgasmo che sembra senza fine è qualcosa di unico. Non è la raffigurazione di un atto erotico, non l'unione di due corpi umani avvinghiati e nudi, non mostra sessi che si uniscono, è la raffigurazione del piacere stesso, il momento in cui la donna è piena di un nulla, di una massa inconsistente di aria, ma che diventa piena di tutto l'eros possibile e immaginabile.   

Bibliografia:

A.Bevilacqua,A.C.Quintavalle, L'opera completa del Correggio, Milano, Rizzoli, 1970
L.Fornari Schianchi, Correggio, Milano,1997
M.Fabianski, Correggio, le mitologie d'amore, Cinisello Balsamo, 2000
Gian Maria Erbesato, Il Palazzo Te di Mantova, De Agostini, Novara, 1981
www. Wikipedia, Correggio, Palazzo Te, Amori degli dei, Giulio Romano, I Modi, Danae, Giove e Io.
www.Ikonos, Giove e Io
George Bataille, L'erotismo, Milano, Rizzoli, 1993.



                                       

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