Translate

martedì 2 aprile 2013

I volti nascosti




                                           I volti nascosti

                   René Magritte, Gli amanti, 1928, Richard S. Zeisler Collection, New York

" Io dico che bisogna essere veggente, farsi veggente. Il poeta si fa veggente mediante un lungo, immenso e ragionato sregolamento dei sensi. Tutte le forme d'amore, di sofferenza, di pazzia: cerca egli stesso, esaurisce in sé tutti i veleni, per non conservarne che la quientessenza. Ineffabile tortura nella quale ha bisogno di tutta la fede, di tutta la forza sovrumana, nella quale diventa fra tutti il grande infermo, il grande criminale, il grande maledetto-e il sommo sapiuente-Egli giunge infatti all'ignoto! Poiché ha coltivato la sua anima,già ricca, più di qualsiasi altro!Egli giunge all'ignoto, e quand'anche, sbigottito, finisse col perdere l'intelligenza delle proprie visioni, le avrebbe pur viste!" ( Arthur Rimbaud, dalla Lettera del Veggente, 15 maggio, 1871 )

"Le immagini vanno viste quali sono, amo le immagini il cui significato è sconosciuto poiché il significato della mente stessa è sconosciuto" Renée Magritte. 




Magritte Gli Amanti
Renée Magritte, Gli amanti, 1928, Moma museum di New York


                Intorno al 1925,  secondo il suo stesso racconto, Renée Magritte, artista di belle speranze, grafico pubblicitario, pittore appassionato della pittura e di tutti i piaceri che essa comporta, sente il bisogno di confrontarsi con il senso del vivere e del morire, con il mistero dell'essere. E dunque di concentrarsi su un fare che va oltre le belle apparenze, gli inganni e le lusinghe dell'arte: guardare il reale attraverso la rappresentazione del reale stesso e dei suoi limiti, dei suoi inganni, della sua ambiguità. Il reale dietro al reale. Nell'opera " Le parole e le immagini", del 1929, aveva infatti scritto che un " oggetto può implicare che vi sono altri oggetti dietro di esso". Nel 1928, anno della morte del padre a Charleroi, Magritte realizza questo straordinario e famoso dipinto conosciuto in due versioni, questa conservata al Moma di New York e un'altra simile ( ma non uguale ), conservata alla Galleria Nazionale Australiana. I due dipinti sono accomunati dalla copertura dei volti dei due personaggi in primo piano. Hanno un velo, un lenzuolo o, come è stato detto, un sudario di colore bianco che avvolge le teste ed impedisce il contatto fra una pelle e l'altra, la conoscibilità di un essere con l'altro o, come in questo dipinto qui sopra, un bacio. In questa prima versione i due amanti dai volti coperti sono affacciati, si presume, ad una finestra ( ma non è detto che lo sia ), in alto vediamo una cornice classica che chiude il rapporto fra parete e soffitto separandoli. Dietro i due personaggi un cielo o meglio un fondo azzurro che è macchiato da ombre grige. Le stesse ombre che si insinuano furtive fra le pieghe dei drappi bianchi che a stento mostrano i rilievi dei due profili. L'uomo ha la giacca e la cravatta nere, la camicia bianca. E' un borghese mediamente elegante e anonimo. La donna ha un abito arancione bordato di bianco senza maniche. E' una stagione calda. La finestra è aperta, gli abiti sono estivi o leggeri. Il bacio è appassionato eppure distaccato e cieco, fra una parte bianca ( a destra )e una parte nera ( a sinistra ). La seconda versione mostra un esterno. Gli amanti sono in uno spazio naturale, si vede la macchia mediterranea di neri cespugli dietro le loro spalle e di lontano la striscia del mare. La cosa che subito salta all'occhio è che i due amanti qui non si baciano, ma accostano i loro volti  in posizione frontale, con ombre più leggere e un cielo anch'esso velato, ma più luminoso. Se nella versione di New York l'uomo è a destra e la donna a sinistra, in quella australiana l'uomo è a sinistra e la donna a destra, si tratta quindi di un'inversione speculare, come in uno specchio. Una ulteriore prova della ambiguità del reale che cambia e si modifica pur restando lo stesso.   








                                 Renée Magritte, Gli amanti, 1928, Australian National Gallery, Camberra



           Se vediamo il dipinto qui sopra con la disposizione frontale dei corpi e dei volti che si toccano guancia a guancia teneramente ma senza vedersi e praticamente senza sentire il loro stesso contatto nella sua essenza, ma solo nella sua apparenza, con i due setti nasali che sporgono prorompenti come due squadre nascoste sotto i veli, non dovremo faticare a riconoscere come la suggestione prima di quest'opera sia un dipinto di Giorgio de Chirico. Il pittore aveva già visto dei cataloghi con opere del pittore di Volos, ma la conoscenza diretta avviene solo nel 1925 grazie all'intermediazione dell'amico poeta e mercante d'arte Mesens. Di de Chirico lo aveva molto colpito Canto d'amore del 1914, dove, nel contesto edilizio di una piazza metafisica si vedeva la disturbante classicità della testa dell'Apollo del Belvedere accanto ad un guanto rosso da chirurgo, mentre sul davanti era posta una sfera verde e nel fondo dietro i palazzi appariva una nera locomotiva sbuffante. Il dipinto aveva spinto alla conversione surrealista Magritte che poteva scrivere: " ...rappresenta il taglio netto con le abitudini mentali di artisti prigionieri del talento, dei virtuosismi e di tutti gli estetismi consolidati: un nuovo modo di vedere". E' proprio questo nuovo" modo di vedere " che spinge Magritte ad intraprendere la nuova strada, a cercare l'inconoscibile e a renderlo nell' ambiguità del visibile e dell'apparente. Ma ai fini del rapporto con Gli amanti, è certamente molto più significativo Ettore ed Andromaca, dipinto a Parigi nel 1917. Possiamo vedere come, rifacendosi al libro VI dell'Iliade e in particolare al racconto dell'ultimo saluto di Ettore alla sua donna prima di affrontare in duello, fuori delle porte Scee, il pelide Achille. 



Giorgio de Chirico, Ettore e Andromaca, 1917, Galleria d'Arte Moderna, Roma
Come possiamo vedere si tratta di due manichini accostati senza volto formati da forme ovulari, da triangoli, linee, trapezi, sezioni di solidi diritti e rovesciati, protesi umane. Sono disposti in una scenografia astratta, una scena senza scena, di un assurdo teatrino di burattini, con solidi incombenti a sinistra e a destra che figurano le porte che si aprono su un esterno senza fondo, piatto, con un basso orizzonte giallino e un alto cielo scuro, nebbioso o tempestoso che annuncia il fato. Lo stesso che, in modalità assurda proietta ombre occulte e minacciose che si avvicinano ai due amanti. E'una raffigurazione dove il reale è formato da tante forme autonome in sé che insieme formano due manichini disarticolati, inanimi, che si reggono in piedi perché sono accostati. Tutto è visto in una dimensione altra, che non si può conoscere guardando normalmente, ma guardando oltre, una dimensione metafisica. Le due teste sono senza volti, formate da due ovuli allungati ciechi, ma soprattutto i due amanti qui non hanno braccia, vediamo due tronconi e basta, non possono darsi l'ultimo abbraccio come gli Amanti di Magritte non possono pienamente baciarsi. Ed entrambi non possono guardarsi. Nel 1926 il pittore realizza un dipinto enigmatico, surreale, inquietante. Si tratta de Le fantasticherie del passeggiatore solitario ora in collezione privata, in cui vediamo in un esterno notturno, nuvoloso, lungo un fiume di fronte ad un ponte non lontano, un uomo con la bombetta, di spalle, vestito di nero su di una strada nera che si distacca di poco da un'immagine lievitante di una donna calva con il rossetto scuro, nudo, rigida, legnosa, come un cadavere sul tavolo anatomico. Il biografo del pittore David Sylvester aveva collegato questi dipinti, quello della donna del fiume e quelli con i volti coperti, ad un tragico episodio della vita del pittore. Quando Renée abitava a Chatelet, in Belgio, nel 1912, la madre venne ritrovata nel fiume Sambre affogata. Era morta, si disse, suicida, gettandosi dal ponte sul fiume ( qui sotto nel sogno-incubo trascritto figurativamente in pittura ).   Il   

Le-fantasticherie-del-passeggiatore-solitario_Magritte-1926.jpg
Renéè Magritte, Le fantasticherie del passeggiatore solitario, 1926, Collezione privata.




pittore, quattordicenne, che aveva partecipato alle ricerche della madre, fu costretto ad assistere al ritrovamento e a vedere la sottoveste della madre rovesciata sul volto, quando cadde nelle fredde acque del fiume. Un drappo sul volto di una morta che rimase come un incubo nell'immaginario onirico di Magritte. Se vediamo un altro dipinto, La storia centrale della Dexel Collection del 1928, notiamo una solo figura centrale di donna con il volto coperto da un drappo bianco che si tiene una mano sul collo come se stesse per soffocarsi e quindi ancora una volta un riferimento al suicidio della madre Adeline, malata come sostenuto da suo marito, di una forte forma depressiva. 



Renée Magritte, La storia centrale, 1928, Museo Magritte, Bruxelles

In verità ci sarebbe anche una storia sommersa dietro il suicidio apparente ( comunque accertato dalla polizia ed in seguito archiviato ). In un suo scritto postumo si legge un'altra verità. La situazione economica della famiglia non era buona e Adelyne, più o meno consenziente il marito, arrotondava con la professione più vecchia del mondo. Una sera vi fu un forte alterco alla presenza di Renée fra marito e moglie; la donna accusava e ridicolizzava apertamente il marito che, in accesso d'ira picchiò e soffocò la moglie ( strozzandola  o soffocandola ). Il padre di Renée accertata la morte della moglie, insieme al figlio caricò la moglie su di un auto e di notte la portò sino al fiume Sambre ( sembra di vivere la stessa scena, come in un sogno-incubo guardando Le fantasticherie del passeggiatore solitario ) . Poi, aiutato dal figlio la lasciò scivolare in acqua così come si trovava, in camicia da notte. Questa si gonfiò e si ribaltò sul volto in acqua e così venne ritrovata. La autoaccusa di complicità fatta da Renée non  è stata quasi mai considerata ai fini dell'inchiesta e si pensò ad una trovata dello stesso pittore; è certo, però che i dubbi restano. Se si guarda bene la mano che stringe il collo si può vedere come essa sia piuttosto mascolina e il braccio muscoloso, Si tratta della rappresentazione del braccio omicida del padre? Niente di più sbagliato, però, nel voler cercare richiami biografici certi nella realizzazione pittorica di un'artista, tanto più di un surrealista. La realtà non mai ciò che si vede, ma ciò che si vede è uno dei possibili del reale, non il reale, ma anche il suo contrario. Del resto lo stesso biografo Sylvester aveva detto che anche la storia del drappo bianco era stata un'invenzione dello stesso Magritte, anche se vi sono numerose testimonianze in merito che lo lasciano escludere, è un fatto però che la poetica di Magritte prevedeva una concezione dell'ambiguità e del dubbio di ciò che appare come reale attraverso la raffigurazione del reale stesso.        
             Ad esempio, nel dipinto Le fantasticherie del passeggiatore solitario,  l'uomo in nero con la bombetta è il pittore stesso che si sente proiettato nell'incubo della scena del suo passato adolescenziale e vive l'incubo del suicidio della madre, espresso dalla donna nuda, immobile e rigida come un idolo di legno, cercando di rimuoverlo dalla propria psiche. Ma l'uomo in nero è solo un tipo di borghese anonimo che è spesso presente nelle opere del pittore come figura enigmatica e non il pittore stesso e chi ci dice che l'uomo in nero non sia lui il sogno di un altro che sta dormendo dietro di lui e che viene rappresentato nell'ambigua figura di una donna? O che assuma su di sé l'impronta-immagine della propria madre morta? E se l'uomo in nero non  è un tranquillo uomo elegante, ma è invece un crudele assassino che ha nascosto la pistola dentro il cappotto? La presenza della morte e dell'amore, Eros e Thanathos, è un'altra chiave di lettura del pittore. Quando gli Amanti vennero resi noti, nel 1928, il padre di Magritte era appena morto. Entrambi i genitori, a quel punto, erano morti. Gli Amanti  esprimono un amore che non si può più vivere, un unione che non si può condividere, un bacio che non si può dare, una vista negata. Sono condizioni della morte. Sul volto dei due Amanti ci sono dei sudari. Il colore bianco è tipico del sudario che si metteva sopra il corpo dei morti collocati nel sepolcro, andava dai piedi al capo che ricopriva interamente. Il bianco, poi, in oriente è il colore del lutto e genericamente della morte. Le cose bianche alludono, ancora prima della purezza nella simbologia cristiana occidentale, alla morte. E quindi negli Amanti che tentano inutilmente di baciarsi è evidente il conflitto fra l'Eros negato e Thanatos presente come l'ombra nera che separa i due volti fasciati. L'uomo in nero con la cravatta nera e la donna al suo fianco possono alludere anche al pittore e alla moglie Georgette e allora ancora una possibile chiave di lettura: il bacio negato, il velo che separa, potrebbe indicare non propriamente una morte ( della conoscibilità piena ), ma anche un impedimento alla vita e all'amore, in pratica l'incomunicabilità. Torniamo ai volti negati. In quasi tutta la pittura di Magritte, nella figura umana è negata la visibilità del volto : non solo veli, ma anche frutti ( la famosa mela verde de La Grande Guerre )o uccelli ( la colomba di L'homme au chapeau melon ); si tratta di immagini che contravvengono alle convenzioni figurative tradizionali e perciò stupiscono. Ne La Grande Guerre un insignificante borghese in bombetta ha il volto coperto da un oggetto altrettanto insignificante, una mela verde. Quello che colpisce lo sguardo non è il fatto che l'uomo, ad esempio copra una parte del cielo o dello spazio dietro le sue spalle, ma è la sovrapposizione di un oggetto insignificante ad un volto al punto da annullare la percezione di questo che diviene altrettanto insignificante e funge da efficace metafora del titolo: La Grande Guerra. C'è prima un conflitto di immagini fra ciò che si vede e ciò che è nascosto, fra significante visibile e significante apparente. C'è poi un secondo significato che rimanda alla grande mattanza del 15-18, alla guerra di tanti uomini anonimi spazzati via dalla guerra che nega i volti, sconvolge le forme, annulla senza pietà le personalità, come una insignificante mela verde nega al fruitore di poter vedere i lineamenti dell'uomo con la bombetta nera.


  

image
René Magritte, La Grande Guerra, 1964, Collezione privata.
Ciò accade anche alle figure femminili della Grande Guerra ( un ciclo di dipinti aventi lo stesso nome e il comune soggetto di una figura con il volto nascosto ), quando a cancellare il volto è un mazzo di fiori viola. le immagini sono in contesa fra di loro perché gli oggetti nascondono ciò che logicamente non dovrebbe essere affatto nascosto ma visibile. Nel ciclo dei volti velati del 1928 ne abbiamo uno particolarmente conturbante. E' quello de L'invenzione della vita . Qui non è il solo volto ad essere coperto ma l'intera figura umana dalla testa ai piedi, una specie di burka senza le finestrelle a rete per gli occhi, quindi senza che chi è dietro possa vedere ed essere visto.  Non è un drappo bianco, ma azzurrino, di una tonalità più scura e virata verso il viola del cielo di fondo. La donna completamente velata non solo nega se stessa, ma nega anche ciò che è dietro a lei, per cui noi possiamo solo intuirlo.La memoria che diventa emozione di un ricordo reale e che si trasforma in un visibile irreale è anche qui legato all'episodio della madre morta annegata nel fiume. Accanto alla donna negata ( a se stessa e al figlio ), c'è la donna come poteva continuare ad essere. Un'immagine svelata e un'immagine velata. Il fantasma del reale e il reale del fantasma, in una sorta di rimandi fra l'essere ed il suo doppio, fra la vita e la morte. Al di là dell'aspetto biografico Magritte poteva prendere ispirazione, come per sua stessa ammissione, dai fumetti di Nick Carter e dal film di Louis Feuillade Fantomas, del 1913, tratto dal romanzo di Marcel Alain e Pierre Souverestre , in cui l'eroe noir si mostra molto abile nei travestimenti e in particolare nel tenere sempre nascosto il suo volto. Il dipinto Il ritorno di fiamma del 1943, è la ripresa in termini pittorici proprio della copertina del romanzo di Alain e Souverestre, con la sola sostituzione di una rosa in mano all'eroe nero al posto della pistola. L'eroe è mascherato è abile nei travestimenti e nel tenere sempre celato il suo volto. Ha scritto Magritte che la sua scienza criminale " è più preziosa della parola" perché è ricca di un indubbio potenziale che si riverbera sempre, il potenziale del mistero e della sorpresa. Gli agguati di Fantomas possono essere dappertutto e ripetersi all'infinito e Fantomas, soprattutto torna sempre sul luogo del delitto. Ecco. Il pittore non fa che ripetersi senza essere ripetitivo, non fa che cercare nelle cose l'essenza del mistero. Il pittore torna sempre negli spazi della sua memoria, che non sono quelli metafisici delle città vuote di de Chirico, sono spazi abitati dalla memoria di un passato che ritorna per riprodurre gli inganni e i disinganni del reale.

Bibliografia


Wikipedia, Magritte, Gli amanti, De Chirico Ettore e Andromaca, Surrealismo.
Domenico Quaranta, Magritte, Rizzoli-Skira, 2011 con introduzione di Michel Foucault
A.Carotenuto, Il fascino discreto dell'amore:psicologia dell'arte e della letteratura fantastica, Milano, Bompiani,1977
C. Collina, Gli autoritratti di Renée Magritte alla luce della psicanalisi, in Psico Art, AX 2006-2007
Hellen Houdler, Arte psiche.Fenomenologia della creatività da Leonardo a Magritte, Roma 1993
Renée Magritte, E'crits complètes, a c. André Blaunier,Paris, Flammarion, 1979
Maria Perego, La maschera elusiva dello spazio pittorico; presentazione e rappresentazione. in Magritte, Milano 2003.    



















     









    
   




Nessun commento:

Posta un commento