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giovedì 25 luglio 2013

Che incubo!






                                             CHE INCUBO!

                                                                            L'INCUBO

                                                                     Johann Henrich Fussli

                                                          1781- Detroit Institute of Art Detroit

                                                 
File:Johann Heinrich Füssli 052.jpg
Johann Henrich Fussli, L'incubo, 1781, Detroit Art Institute, Detroit

                 L'incubo, sin dalla sua prima versione del 1781 ( ne seguiranno altre 6 con alcune variazioni compositive ) ebbe un grande successo divenendo non solo l'opera più famosa e sinistramente affascinante del pittore svizzero-inglese, ma anche una delle opere più conturbanti dell'intera storia dell'arte europea. L'opera nasce nel clima romantico settecentesco come espressione estrema dello Sturm und Drang e significativamente come figurazione di quella cultura del Sublime che l'amico Edmund Burke aveva teorizzato nel 1757. Scrive infatti Burke che Sublime è " tutto ciò che può destare idee di dolore e di pericolo, ossia tutto ciò che è in un certo senso terribile o che rimanda a oggetti terribili, o che agisce in modo analogo al terrore" . In una parola il Sublime è l'orrido che affascina ( delighful horror ). Appunto, questo orrido che affascina è ciò che mostra Fussli nel suo dipinto catturando l'attenzione del fruitore che si sente coinvolto dalle immagini che producono suggestioni terrifiche: la cavalla cieca e spettrale, il nano-demone. Sono immagini che si scontrano con l'altra, distesa e addormentata, della fanciulla che appare in una posizione innaturale, con la testa gettata all'indietro e abbandonata nel vuoto, un braccio che è scivolato in basso inerte e un altro che è finito fra i lunghi capelli biondi. La fanciulla è distesa in una posizione rigida, come morta ( o come se fosse offerta per un sacrificio rituale ); ma a guardare bene la sua posizione, pur essendo inerte è significativa di un movimento inconscio di contrazione ( si guardi la gamba che contratta penetra sotto l'altra che è allungata ), come se la donna reagisse in qualche modo a degli stimoli figurativi di ossessione da una parte e di attrazione dall'altra. Quello che fa Fussli è di materializzare i mostri della psiche, quelli che durante il sonno, in quella fase in cui si perdono le forze vitali e ci si abbandona alle forze misteriose dell'inconscio, emergono dal buio alla luce interiore sollecitando i desideri più nascosti ed inconfessabili. Prima della scoperta dell psicanalisi e della pubblicazione de L'interpretazione dei sogni di Sigmund Freud pubblicata nel 1899, Fussli, nel terreno artistico della pittura, si occupa del sogno, precisando egli stesso in un suo epigramma come proprio il sogno sia uno degli aspetti più importanti dell'arte e come esso si possa definire" una personificazione del sentimento" ( Aforisma 231 ). E proprio personificazioni , o meglio materializzazioni , appaiono le figure dell' Incubo : la cavalla spettrale cieca con gli occhi bianchi e fosforescenti che fa fuoriuscire il muso dalla tenda dentro l'alcova della fanciulla ( il titolo inglese di Incubo, è Nightmare , che significa cavalla notturna ) ed un mostriciattolo, un nano-demone ( si chiama goblin nella mitologia nordica ) che sta accovacciato sul suo ventre soffocandola, togliendole il respiro, accentuando a livello anche fisico il senso allucinatorio dell'incubo. Nel folklore anglosassone era diffusa la leggenda di una cavalla spettrale e cieca che di notte penetrava nelle stanze delle fanciulle per provocare terribili incubi. In alcune versioni della stessa leggenda un goblin cavalcava la cavalla ed entrava nella stanza per terrorizzare e sollecitare sogni erotici ai quali le fanciulle, prive oramai dei freni inibitori, si lasciavano pericolosamente andare. La leggenda del goblin seduto sul ventre della giovane non sembra essere solo della fascia nordica, ma anche del folklore centro europeo; infatti Pietro Aretino, sempre attento al mondo della cultura popolare, nel Ragionamento della Nanna e della Antonia del 1534, parla di un mostriciattolo locale, la fantasima ( il termine risale al Decameron di Boccaccio, ma nel folklore toscano il nome comune era linchetto ) , che durante la notte, mentre le donne sono nella fase del dormiveglia, col corpo in suso, penetra nella loro stanza e si colloca accanto a loro, cosicché le stesse, ponendosi una mano sul ventre si sentono oppresse, e come se soffocassero. Dunque Fussli ha selezionato, nel comporre l'Incubo, due figure chiave diffuse nel folklore anglosassone che esprimono il senso dell'angoscia, del terrore, dell'oppressione e che dunque ben funzionalizzano il carattere allucinatorio del sogno. Nella cultura romantica il gusto dell'orrido espresso dal romanzo gotico attraverso le storie di fantasmi e di vampiri fornisce all'immaginario del tempo un ricchissimo materiale. Tuttavia questo gusto è espresso sempre con sfondi paesaggistici tipici che, o mostrano ambienti gotici attraverso ricostruzioni storiche, o ambienti gotici in rovina, spettrali, demoniaci, attraverso rappresentazioni contemporanee. Nell'arte figurativa la Pittura di Storia da una parte ( pensiamo ad Hayez ), il Pittoresco e l'amore per le rovine ( o Rovinismo ) dall'altra ( pensiamo a Friedrich ), esprimono gli stessi concetti rendendoli visibili. L'operazione compiuta da Fussli è comunque diversa. L'interno borghese è contemporaneo arredato con un'oggettistica neoclassica ( si vedano nel dipinto il letto e la toiletta ) che sta, però bene, più in una scenografia che in un vero interno domestico. Il tendaggio è tipicamente teatrale, ma lo è anche la luce; soprattutto la sua dislocazione nell'ambiente "scenico": abbiamo una fonte diretta sul letto in primo piano, con una luce bianca e vivissima, esterna al "palcoscenico" ( una luce occulta ) ed una luce interna al" palcoscenico" stesso, o luce di fondo, che permette l'effetto di ombra proiettata sulla tenda con la sagoma del muso della cavalla con lo scopo di rendere la figurazione ancora più inquietante. La luministica dei teatri settecenteschi aveva fatto passi da gigante grazie agli effetti ottenuti con le schermature, grazie alla luce ad olio e a petrolio, che poteva essere manipolata attraverso sistemi di abbassamento e innalzamento delle lampade. E' facile che Fussli conoscesse questi effetti e li usasse in pittura. Ma va detto che la rappresentazione pittorica può permettersi sistemi di illuminazione più efficaci e suggestivi della rappresentazione teatrale proprio come mostra Fussli. Difficilmente in teatro ( sebbene i bozzetti in nostro possesso ci mostrino il solo carattere pittorico e non quello scenico ) si sarebbe potuto ottenere un effetto luministico in una rappresentazione del Sogno di Mezza Estate di William Shakespeare come quella che ottiene nel suo dipinto il pittore svizzero, con la disposizione multipla delle luci sul fondo nero bituminoso ( Fussli usava proprio il bitume per rendere il fondo nero ) e il sapiente gioco delle ombre . Anzi, possiamo dire che è proprio la scenografia romantica che cerca di imitare l'arte e l'architettura e le modalità delle figurazioni del Pittoresco e del Rovinoso.  

Johann Henrich Fussli, Titania and Bottom, 1790, Tate Britain, London
                    Comunque, come mostra anche il dipinto qui sopra, il carattere essenziale dell'illuminazione in una scena di sogno è una fonte di luce esterna prioritaria che esalti le figure di primo piano e conferisca un aspetto allucinatorio. Meglio possiamo vederlo in un altro dipinto del genere ( Fussli li aveva realizzati per la Shakespeare Gallery ) , in cui la luce ha un potere allucinatorio essenziale ed efficacissimo.


Johann Henrich Fussli, Titania e Oberon con le orecchie d'asino, 1792-93, Kunsthaus,Zurich.



Come possiamo vedere, malgrado lo squarcio di cielo blu che si intravede fuori del bosco magico, tutto lo spazio interno è dentro un buio segnato dal nero bituminoso ( il pittore otteneva effetti di nero molto spesso e compatto usando proprio il bitume ), eppure questo spazio che dovrebbe essere occultato, perennemente al buio è invece illuminato da una luce occulta esterna e frontale che esalta le due grandi figure al centro, la veste e la carne bianca di Titania e l'incarnato del nudo Oberon trasformato in asino dagli scherzi magici del folletto Puck ( è la figurina in basso a sinistra con  le braccia larghe, una specie di insetto umanizzato.
            La luce dunque è essenziale nella figurazione del sogno e lo è in specie quando occorre mostrare al pubblico degli spettatori, esterno al quadro, ciò che l'addormentato o il sognatore vede solo nelle immagini oniriche proiettate dalla sua mente alterata, il suo sognato. In passato, quando si è voluto rappresentare il sogno ( e il sonno ), si è sempre pensato a questi due aspetti. Pensiamo al Sogno Profetico, il sogno che deve rivelare una situazione storica futura che non è propria solo del materiale onirico di un sognatore, ma costituisce l'orizzonte d'attesa di un intero popolo, il sogno collettivo o di massa. E' il caso del Sogno di Giacobbe  ( o meglio il Sogno della Scala di Giacobbe ), che qui sotto vediamo in un'opera tardo manierista di Ludovico Cardi detto il Cigoli, conservata a Palazzo Pitti a Firenze.


Ludovico Cardi detto Il Cigoli, Il sogno di Giacobbe, 1592, Palazzo Pitti, Firenze


            Qui Giacobbe, addormentato sul suolo di quella che sarà la futura Terra Promessa, sogna una scala che congiunge la terra con il cielo, sulla quale scala salgono e scendono gli angeli e sulla cui cima attende Dio Padre che ispira il sogno, rivela la sua presenza attraverso il sogno profetico ( nell'antichità il sogno profetico è sempre manifestazione del divino ). Un dipinto di Ludovico Cardi detto il Cigoli mostra una rappresentazione del Sogno di Giacobbe dipinta nel 1592 e conservata al Museo di Palazzo Pitti a Firenze. Come vediamo qui le fonti di luce sono due: una viene da dio padre al quale va la scala indirizzata al cielo e forma una squarcio nel buio e l'altra da fuori del dipinto, una luce occulta che è sempre stata usata dai pittori per valorizzare la figura in primo piano e accendere i colori. Nel caso del sogno, come in Fussli, questa luce è la luce che mostra  il sognatore perduto e devitalizzato, in preda alle braccia di Morfeo e nel caso di Fussli dell'Incubo che si manifesta nella psiche alterata, una luce qui che non è solo bianca, ma che dovendo evidenziare lo stato di abbandono e penetrazione delle presenze sinistre, prende anche altre colororazioni come l'azzurrino sul bordo del letto ( e della disposizione dei tessuti colorati, dalla neoclassica geometrica perfezione ) , che viene quasi intaccato da questa luce impossibile e sinistra, come meglio si vede in quest'altra riproduzione:


Johann Henrich Fussli, L'Incubo, 1781, Detroit Art Institute, Detroit 

Quando Fussli ( o Fuseli, come lo chiamavano e lo chiamano in Inghilterra dove visse e lavorò per gran parte della sua vita ), realizzò un seconda versione dell'Incubo nel 1791 , modificando la composizione con la disposizione della donna riversa sul letto da destra a sinistra, pensò bene di avanzare verso di essa la cavalla spettrale e di illuminarla con una seconda luce, frontale ( la prima viene dall'alto sulla donna e sullo gnomo-demone ). In questo modo accentuò l'aspetto del nightmare ( della cavalla notturna ), che appare in un aspetto più terrificante mentre lo gnomo-demone, il goblin, è più grottesco e buffo che nella prima versione e sembra più un folletto innocuo, rispetto all'aria conturbante e scocciata del primo. La donna riversa sul letto nella sua bianca veste virginale accentuata dalla luce occulta anch'essa bianca e diretta, è gettata con la testa
all'indietro e anche qui sembra priva di sensi, anzi priva di vita, come morta, anzi qui in modo più evidente.

File:Johann Heinrich Füssli 053.jpg
Johann Henrich Fussli, L'incubo, 1791, Goethe Institute, Franckfurt im mein 
 
La luce illumina chiaramente anche la toeletta, lo specchio che la riflette, il portagioie, il vasetto di cristallo porta profumo. Da notare che qui le gambe sono sollevate a differenza che nella prima versione  dove erano distese. Vi è da credere che se il pittore voleva far rimanere l'aspetto spettrale dell'incubo, questo doveva essere integralmente vissuto dallo spettatore come richiamo folklorico e grottesco; mentre quello che qui era stato ridotto era la carica erotica che veniva evidenziata dalla posizione della donna e dal rapporto che essa intratteneva con i suoi mostri. Sappiamo che quando nel 1781 la prima versione venne mostrata in pubblico, le autorità si preoccuparono di non far accedere bambini perché potevano essere turbati sia dall'aspetto terrificante del dipinto sia dalla sua allusione erotica. Era proprio questo doppio aspetto ( o meglio questo interfacciarsi dei due aspetti ) infatti, che turbava l'opinione pubblica alla fine del Settecento, quando, ridottisi gli effetti della ragione illuminista, erano tornati quelli, in realtà mai sopiti ( nel 1781 viene bruciata per l'ultima volta una strega ) della superstizione e della magia nera, uniti a quelli che avevano largamente dominato in passato la società settecentesca, il libertinaggio, la ribellione alle regole, la sensualità deviata e che ora, alla pari dei primi, erano fortemente combattuti. I mostri della psiche e la donna sensuale che nel sogno si libera delle proprie inibizioni per abbandonarsi ad un inconfessabile erotismo, rappresentavano la vera paura della società borghese di fine secolo. Se la liberazione dei mostri durante la notte, la presenza dell'incubo, erano stati trattati già dalla pittura del passato, ma con intento moralistico ( i mostri dell'incubo sono contrapposti agli animali della veglia e alle divinità che sorvegliano la notte ), come ad esempio nella Notte ( o Sogno ) di Battista Dossi, del 1544, conservato nella Gemaldegalerie di Dresda, solo Fussli e Goya raffigurano l'incubo con i mostri che si sprigionano dalla psiche del personaggio addormentato. Goya, che raffigura in una acquaforte del 1597 ( è il frontespizio di una serie di 80 caprichos ), un uomo che giace addormentato su di un tavolo sulla cui superficie frontale è scritto : " El sueno della razon produce moustruos" ( "Il sonno della ragione produce mostri" ), mentre dalla sua testa coricata si liberano animali rapaci notturni, felini e altre creature della notte, è mosso però da intenti sicuramente moralistici ( diversi da quelli di tipo classico di Battista Dossi, che si rifà ad Ovidio, Luciano e Stazio ), che voglio invece sottolineare la come senza le regole e l'ordine della ragione la fantasia libera produca soltanto mostruosità : " La fantasia priva della ragione produce solo impossibili mostri, unita alla ragione è madre delle arti e origine di meraviglia"  ( Goya, ms. del Museo del Prado di Madrid, da Wikipedia ). Goya qui è intenzionato, forse anche per i guai che le sue opere avevano avuto con il Tribunale dell'Inquisizione , a comunicare un messaggio di naturale morale, ad illustrare, si può dire, una parabola.


Francisco Goya, Il sonno della ragione produce mostri, 1797, acquaforte, Biblioteca de Espana, Madrid
       

L'intento di Fussli, anche se vi può essere una analogia fra le immagini dei due pittori relativa al rapporto mostri del sogno e dormiente che li produce ( da notare che i mostri di Goya e quelli di Fussli, guardano entrambi il soggetto che dorme ), è un altro. I mostri del pittore ( specie nella versione del 1781 ), prodotti dalla psiche alterata, sono delle personificazioni, abbiamo detto, del desiderio nascosto e represso. Essi hanno il compito di tormentare, angosciare, creare terrore e al tempo stesso smuovere sensazioni. Il senso di oppressione che è offerto dalla posizione del Goblin ( sta sul ventre della donna, ma anche vicino al suo sesso) , che toglie il respiro e produce un  senso di soffocamento è rinvenibile in quella che all'inizio del secolo precedente era ritenuta una malattia, la melanchonia erotica , che non è un tipo di malattia depressiva che affliggeva le complessioni patologiche della psiche di intellettuali ed artisti, bensì una malattia dei sensi, che non coinvolge, ma sconvolge proprio durante la perdita delle sensazioni di vitalità, quindi durante il sonno ( nelle prime ore del sogno, quando esso ha un carattere più chiaramente allucinatorio ). Un interessantissimo libro di Jean Ferrand, del 1610 ( Malinconia erotica. Trattato sul mal d'anime, versione italiana pubblicata dalla Marsilio editori nel 1991 ) , descrive questa pseudo malattia in modo sorprendente con un richiamo diretto al quadro di Fussli : " Questa malattia colpisce soprattutto le prime ore del sonno, quando i vapori spessi e pesanti portati dalle parti superiori del corpo al cervello bloccano i nervi che servono la voce e la respirazione facendo credere all'ammalata di avere un grosso peso o demone  o un negromante sul corpo che cerca di violare la sua castità" . L'ammalata, dunque, una giovane donna, è preda notturna di questa malinconia erotica ri-vissuta in sogno. Scrive ancora il medico francese : " Nondimeno è certo che molte donne hanno creduto di essere state violentate e forzate ad avere rapporti carnali sia dal diavolo che da negromanti, mentre in realtà erano solo turbate dall'incubo..." Con moderna intuizione pre-psicoanalitica Ferrand attribuisce allo stravolgimento della psiche di donne giovani nubili e di vedove che hanno cvreduto di essere state violentate dal diavolo durante la notte, alla forza stravolgente dell'incubo notturno che assale nelle prime ore del sonno. Freud aveva trattato della malinconia d'amore più volte ed aveva considerato come essa sia associabile alla fase orale e cannibalesca della evoluzione libidica, ma non aveva fatto altro che riprendere e ribadire le concezioni che dal medioevo con l'accidia al Cinque-Seicento con la melanchonia aveva fatto la cultura sulla malattia d'amore. La diffusione a macchia d'olio delle storie sul vampiro dell'età romantica non facevano altro che riprendere questa concezione riproponendola in senso di amore distruttivo e autodistruttivo : il vampiro non fa altro che distruggere l'oggetto d'amore e facendo questo non può fare a meno di distruggere se stesso. Il ritorno dal mondo dei defunti del vampiro va inteso anche come un risveglio alla vita e alle pulsioni vitali, compresa quella erotica; pertanto la figura dell'eroe romantico, avventuroso, dissoluto, malinconico, è sempre una figura vampiresca e il fatto che il romanzo neo gotico di John Polidori Il Vampiro ( 1812 ) sia ispirato alla figura del suo amico scrittore e avventuriero Byron, eroe romantico per eccellenza è un fatto significativo. Se osserviamo poi attentamente la posizione molto ravvicinata del volto della fanciulla riversa nel vuoto con la testa girata da un  lato nell'Incubo II, notiamo come essa offra il proprio collo nudo ad un potenziale morso vampiresco e del resto la stessa figura del vampiro che succhia il sangue di giovani donne svenute è una figura essenzialmente da incubo. Taluni critici di Fussli e anche alcuni biografi hanno associato le versioni I e II dell'Incubo ad un dato biografico affettivo dello stesso pittore. Egli avrebbe insomma rappresentato una sua ossessione erotica, di cui peraltro parla in alcune lettere, o meglio avrebbe nelle due versioni raffigurato un suo desiderio carnale poi espresso realmente in un ossessionante rapporto amoroso con la nipote del fisiognomista Lavater, del quale il pittore svizzero aveva tradotto e illustrato il suo trattato di fisionomia, il Physiognomische Fragmenta ( 1781 ). La donna l'aveva conosciuta nel 1799 e aveva chiesto all'amico di aiutarlo a favorire questa difficile relazione. In una lettera scriverà "La notte scorsa l'avevo nel mio letto - gettai via in disordine le coperte - avvolsi intorno a lei le mie mani calde e strettamente serrate - fusi il suo corpo e la sua anima con i miei - versai in lei il mio spirito, il mio respiro, la mia forza. Chiunque ora la tocchi commette incesto e adulterio! E' mia e io sono suo. E l'avrò - faticherò e suderò per lei, e starò solo fin quando l'avrò conquistata" ( Lettera a Lavater, da Ferruccio Busoni, Fussli in Art on line ). 

                        Un amore distruttivo che per un certo periodo di tempo non si era manifestato, per cui, il pittore, alla data della lettera non poteva che averlo sognato e, possiamo dire ri-sognato, in quanto quell'amore, quel tipo di amore era l'archetipo già apparso nel nightmare del 1781 e che era divenuto il modello e l'icxiona non solo dell'oissessione in sé, del male d'amore, ma anche di quello che era ( Fussli era un noto libertino ) e sarà per lui. Può essere interessante sapere che nell'Incubo II , che fu oggetto di un acquisto del Museo di Detroit, lo stesso della prima versione, i restauratori, sul retro del dipinto trovarono un quadrato di tela inchiodato. Incuriositi tolsero i chiodi e trovarono un disegno di una donna che era certamente una figurazione realistica ritratta dal vivo. Non si sa chi fosse e non era la moglie abituale modella. Si ritiene pertanto che fosse proprio la donna amata.

Bibliografia

H.W. Jansen, Fuseli, Nightmare, in "Abstracta Art and Science" ( 1963 ) Originali inglesi delle lettere.          Settemuse.it Fussli. Wikipedia, Fussli; Incubo.                                                                                           Jean Ferrand, Malinconia erotica, Trattato sul mal d'amore, Marsilio, Venezia, 1991                                  M.Mazzocut. Mostro-. L'anomalia e il deforme nella natura e nell'arte, Milano 1992                              S.Freud, Totem e tabù, Roma. 1986                                                                                                          Schiff.Viotti, L'opera completa di Fussli, Rizzoli, 1990               

                                                

 

  

        

 


              

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