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domenica 8 dicembre 2013

San Giorgio e il mostro

Paolo Uccello, San Giorgio e il drago, 1455 c, National Gallery, Londra

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Paolo Uccello, San Giorgio e il drago, 1455c. National Gallery, London



            " Giorgio-si racconta nella Legenda Aurea-cavaliere della gente di Cappadocia, capitò una volta ne la provincia di Libia, ne la città che si chiama Silena, appresso la quale avea uno lago a modo di mare, nel quale stava nascosto uno drago pestilenzioso; il quale lo popolo contra di lui drago armato mettea al fuggire e, vegnendo infino le mura de la cittade, col suo fiato ogni persona maculava". La povera gente per saziare il drago era costretta a dargli due pecore al giorno in pasto per quietare il suo furore che altrimenti era tale da scatenarsi contro la città assalendo le mura e contaminando l'aria di modo che molti, avvelenati, ne morivano. Non bastando le pecore si pensò di sacrificare al drago vite umane di giovani ragazzi e ragazze del popolo. Ma una volta capitò ( come nelle favole non capita mai ) alla figlia di un re che impaurito disse che avrebbe dato metà del suo regno per salvare la figlia. Il popolo adirato perché alle figlie povere non era consentito di poter aver salva la vita costrinse il re, suo malgrado, ad accettare anche per lei una simile triste sorte. Così la giovane si recò al lago piangendo e qui passando il cavaliere Giorgio, vendendola triste e piangente chiese cosa avesse, la giovane allora invitò Giorgio a mettersi in salvo se non voleva morire assieme a lei; ma Giorgio, armato della Santa Croce, promise che avrebbe liberato la giovane principessa e il popolo da quell'orribile drago pestilenziale. Allora Giorgio, cavaliere cristiano, si recò dal re e gli promise di uccidere il drago a patto che lui e la sua corte si convertissero al Cristianesimo e accettassero di essere battezzati. " Allora fu battezzato il Re e tutto il popolo, e santo Giorgio trasse fuori la spada e uccide il dragone e comandò che fosse portato fuori de la città" Dopo di che Giorgio il salvatore" fece fare una chiesa di maravigliosa altezza e grandezza; e del suo altare esce una fontana viva, il cui beveraggio sana tutti gli infermi, e 'l signore de la terra offerse molta pecunia a san Giorgio; la quale egli rifiutando di torre, comandò che fosse data a'poveri" Infine san Giorgio lasciò al re i seguenti ammaestramenti: "cioè ch'egli avesse studio de le chiese di Dio e che onorasse li preti e che udisse diligentemente l'Ufficio divino e sempre si ricordasse de'poveri. E così, basciato il Re, si partì..." La vicenda raccontata dalla Legenda Aurea, sicuramente nota a Paolo Uccello, è di tipo popolaresco e fiabesco e lo schema del racconto segue il sistema dei racconti di fiabe stabilito da Propp, a cominciare dall'allontanamento dell'eroe da casa, dalla Cappadocia sino in Libia ( Propp, 1972,75 ). L'eroe è un essere superiore, è un santo guerriero in possesso di un mezzo magico , la croce ( nel dipinto però non è presente perché al pittore interessa soprattutto la caratterizzazione dei personaggi: santo-guerriero, drago,principessa). Ma chi è questo S. Giorgio? Il nome deriva dal greco e vuol dire contadino , è compreso nel calendario liturgico fra i santi non romani e benché vi siano molti dubbi sul fatto che sia esistito veramente, il culto molto popolare vede una nascita nata intorno al suo sepolcro a Lidda in Palestina dove sembra fosse stato martirizzato per decapitazione all'inizio del IV secolo, come riportano la Passio e gli Atti del martirio ( Rosa Giorgi, 2004, 150 ).  Secondo gli Atti  S. Giorgio era originario della Cappadocia ( la Turchia di oggi ), dove nacque nel 280, figlio di un persiano e di una donna del luogo, venne allevato nella religione cristiana fin quando non partì militare nella guardia del corpo dell'imperatore Diocleziano. Quando l'imperatore si decise di dare corso alle persecuzioni nei confronti dei cristiani, S. Giorgio decide di donare tutti i suoi averi ai poveri confessando la sua appartenenza al credo cristiano e diventando così un martire. Alla Legenda non interessa il martirio del Santo, cioè non è comodo all'autore insistere sul santo martire, gli è comodo insistere sul santo guerriero che sconfigge non solo il drago-demonio, che è anche simbolo del paganesimo, ma anche gli idoli e le deviazioni dalla vera fede, imponendo, invece il credo cristiano attraverso il mezzo del battesimo. Alla raffigurazione, invece importa la scena-clou, il momento in cui il santo-guerriero uccide il mostro. Nel mondo orientale abbondano e sono molto rappresentati i santi guerrieri ( come ha sottolineato il Baldissone nelle note alla Legenda, 1982,p.43 ); l'archetipo di S. Giorgio è S. Michele Arcangelo, entrambi sconfiggono il drago, cioè il male. Proprio S. Giorgio è molto raffigurato nell'uccisione del drago in molte icone russe, come in questa di San Pietroburgo di metà Quattrocento.

Icona russa, metà sec.XV, S.Giorgio che uccide il Drago, Museo dell'Ermitage, San Pietroburgo
Paolo di Dono di Paolo, detto Paolo Uccello per la sua straordinaria abilità nel riempire i vuoti presenti nelle figurazioni pittoriche con animali come, appunto, uccelli, ebbe una formazione artistica nella di bottega di Lorenzo Ghiberti ( 1407-1424 ) impegnato  nella realizzazione della Porta del Paradiso ( Porta Nord ) nel Battistero di Firenze. In lui convissero subito tanto il carattere tardogotico, fiabesco, che vedeva la caratterizzazione aristocratica e favolosa della Vita dei Santi, quanto l'interesse ( come dice il Vasari addirittura una fissazione, una malattia ) per la costruzione prospettica che lo portò ad interessanti, originali e ardite realizzazioni, estranee e quasi contrarie, al dettato ortodosso. In questo dipinto domina l'aspetto tardogotico e favolistico sottolineato dal pittore con vivezza di colori e di particolari. L'opera sembra essere, almeno a giudizio degli esperti, come il primo esempio di olio su tela. Vediamo tre figure in primo piano figurativo, a destra del fruitore il santo con armatura grigia in groppa ad un cavallo bianco con gualdrappa, redini e sella rossa, il drago verdescuro, con ali membrate ad occhi di pavone bianco e azzurro e rosso e azzurro, la principessa dal collo e dal viso bianco, dal manto e dalla veste arancione e dalla sotto veste verde con scarpe rosse. Alle spalle del drago una grotta con una minacciosa entrata scura, in terra brani di erba, un cielo tranquillo, azzurrino, con striature di nubi ed un cirro arrotato bianco e marrone posto su una massa scura, di alberi che sembrano avere chiome a forma di bolle. Il dipinto qui non ha particolare profondità, i corpi non hanno ombre e si stagliano come figurine ritagliate ed incollate sul paesaggio. Paolo Uccello aveva realizzato anche due altri S. Giorgio ed il drago, uno del Museo Jacquemart di Parigi e l'altro della National Gallery di Melbourne. Se vediamo il S. Giorgio della National Gallery e lo mettiamo a confronto con   quello 

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Paolo Uccello, San Giorgio e il Drago, 1456-60, Museo Jacquemart-André, Paris
           
di Parigi notiamo come in questo realizzato più o meno negli stessi anni dell'altro, vi sia maggiore profondità, come evidenziano i campi ben coltivati ed ordinati sulla sinistra che alludono simbolicamente alla perfetta vita cristiana, ed un accenno di ombre ( ade esempio sotto gli zoccoli del cavallo ), ad indicare una maggiore presa di coscienza realistica, poi notiamo come la principessa dal lungo strascico viola accuratamente ricamato e dalla perfetta acconciatura abbia le mani giunte ad indicare la fede cristiana o la Chiesa stessa che vince sul male e che funzioni da esorcismo nei confronti del drago-demonio. Questo non è legato al guinzaglio come nel dipinto di Londra ed è ritto in alto sulle zampe, con ali membrate a spicchio ed una triplice colorazione di gradazioni diverse di verde: E' un drago meno spaventoso ( quello di Londra è uno dei mostri raffigurati più impressionanti che si conoscano ) e un po' ridicolo. Nel dipinto di Londra la principessa non è tenuta al laccio dal drago, bensì tiene lui al guinzaglio, nemmeno fosse un animale domestico, con la propria cintura azzurrina, un indice simbolico questo, della potenza, della forza, del potere del santo-guerriero ( Rosa Giorgi, 2004, p.152 ). La principessa è interpretata simbolicamente come il principio psichico femminile, psiché, l'anima ( ed in questo aiutano il colorito biancastro della carne ), essa tiene al guinzaglio, cioè le domina le forze incontrollabili dell'inconscio ( Matilde Battistini, 2002, p.161, mostro ). Il drago è la prigione di psiché, dell'anima;" come forza cosmica  unisce la natura celeste del fuoco al principio acquatico e terrestre del rettile, svolgendo un'importante funzione generativa e vitale" ( Battistini, idem ). Così Borges definisce il drago: " Un grosso e alto serpente con artigli e ali è forse la descrizione più fedele del drago. Può essere nero, ma conviene che sia anche lucente; anche se si vuole esigere che esali boccate di fuoco e fumo...in Occidente il drago fu sempre immaginato malvagio. Una delle imprese classiche degli eroi ( Ercole, Sigurd, San Michele, San Giorgio ) era di vincerlo ed ucciderlo...nell'Apocalisse di Giovanni si parla due volte del drago,"il vecchio serpente che è Diavolo e Satana", analogamente S. Agostino scrive che il Diavolo è leone e drago; leone per l'impeto, drago per l'insidia". Jung osserva che nel drago ci sono il serpente e l'uccello, l'elemento della terra e quello dell'aria"J.L.Borges, Il drago, in Manuale di zoologia fantastica, Einaudi, Torino,1962, pp.64-66. Dunque, serpente e uccello, terra e aria. Il drago della Legenda è invece legato all'elemento dell'acqua, vive nelle acque di un lago, come si dice del mostro di Loch Ness in Scozia. Nell'opera di Paolo Uccello non abbiamo specchi d'acqua, il drago sta sulla terra poggiando le zampe artigliate, guarda con grandi mostruosi occhi San Giorgio, spalanca una bocca spaventosa rossa con denti, quattro lunghi ed aguzzi, bianchissimi. L'inverosimile lancia di Giorgio colpisce il drago alla testa, lo trafigge, facendogli uscire dalla bocca un fiotto di sangue che si versa in terra. Secondo Gilbert Durand il " drago sembra riassumere simbolicamente tutti gli aspetti del regime notturno...: mostro antidiluviano,belva del tuono,furore dell'acqua,seminatore di morte, è certo come ha notato Donteville una"creazione della paura"( G. Durand,1972,90 ). Sempre Durand sottolinea come "nulla è più comune del legame tra l'archetipo del sauro e i simboli vampirici e divoranti ( idem )" Possiamo indicare i due canini lunghi e affilati e il sangue che cade al suolo nel dipinto di Londra. Interessante è anche sottolineare come Durand indichi per il drago la feroce voracità, lo strepito delle acque e del tuono, l'aspetto squamoso e tenebroso dell'acqua spessa. La caverna che si apre alle spalle del mostro indica la profondità, l'oscurità dell'inconscio.E', naturalmente la tana del drago, un luogo oscuro, dove si annida il male. La funzione del Santo-Cavaliere è quella di frenare le forze incontrollate e di ricondurle all'interno dell'essere, di depotenziare la malvagità per far trionfare la Chiesa. San Giorgio monta un cavallo immacolato ( il bianco è un indice simbolico della purezza ), è il cavaliere del bene, la gioventù contro la vecchiaia nel senso della sua negatività come prevaricazione. La scena ha caratteri che accentuano il tono tardogotico favolistico: il cielo azzurrino associato alle masse aggrovigliate e ruotanti, la caverna aperta che sembra fatta di cartone, la dama con la sua esile figura, il cavaliere armato sul cavallo bianco, il mostro spaventoso. Alcuni stilemi sottolineano ed accompagnano il carattere gotico: la criniera arrotondata, ogivale, del cavallo che ripete l'andamento curvilineo delle nubi tempestose e del bosco-foresta, ad esempio, oppure gli speroni sporgenti di roccia della grotta. Sul prato ( o sulle aiuole ), che sono indice della perfezione cristiana che il demonio osa calpestare, si legge una grande U, che indica l'iniziale del soprannome del pittore, una originale firma autografa. Il diavolo ha, come ha eccezionalmente spiegato Baltrusaitis, 1982, pp. 159-161, ali di pipistrello, con una membrana tesa sull'ossatura forte, solo così esso è definitivamente e figurativamente lontano dal Paradiso da cui pure era disceso. Le ali del mostro di Paolo Uccello sono appunto ali di pipistrello, arricchite da questi circoli variopinti che ricordano quelli delle ali di pavone. Ricordiamo che spesso gli angeli hanno ali simili a quelle di pavone, ora il drago-mostro, non più angelo, sembra qui conservare i primi segni paradisiaci, quasi sottolineati con senso ironico e straniante. Diversamente da Paolo, Raffaello dipinge un S. Giorgio e il Drago che presenta caratteri meno favolistici e più realistici: non un paesaggio di cartapesta, bensì un'immagine inconfondibilmente umbra nei colli e nei pascoli. Qui il santo-guerriero ha un aspetto più intenso e più distaccato allo stesso tempo, più aristocratico nell'espressione, piuttosto che quella da figurina, da figurante carnevalesco ( a Firenze, va detto, durante la Festa di S. Giovanni, si potevano vedere tableau vivant con la rappresentazione di San Giorgio e il drago e non è improbabile che Paolo vedendoli abbia tratto la dovuta ispirazione ), il drago è nero ( ricordiamo che il nero, che simboleggia le forze infernali e l'abisso, è il colore con il quale più comunemente si raffigura il diavolo ), e al suolo, sotto la dominante e vincente figura del Santo dominatore. Lancia che lo ha trafitto è una lancia da torneo, lunga, acuminata e a bande bianco-rosse. La lancia è spezzata, un moncone fuoriesce dal petto del drago, altri pezzi sono in terra.    

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Raffaello, San Giorgio e il Drago, 1505, Musée du Louvre, Paris
Il Santo-guerriero, col cimiero alato, la corazza scura, la spada sguainata si appresta a finire il drago. La principessa la vediamo a destra che fugge spaventata; essa non rappresenta più simbolicamente la Chiesa che vince, è solo un personaggio della storia e basta. Lo scontro qui è fra la forza del Bene ( Giorgio sul cavallo bianco ) e la forza del Male ( il Drago ). Raffaello illustra la storia, Paolo la costruisce simbolicamente e iconograficamente dandogli un'impronta stilistica molto personale che la valorizza e la esalta, proiettandola in un universo favolistico fuori della Storia e senza tempo.Un altro aspetto figurativo e favolistico importante nel soggetto di San Giorgio e il Drago è la foresta . In ogni favola che si rispetti c'è una foresta magica o comunque misteriosa. A sviluppare in senso figurativo questo concetto nell'opera di Paolo Uccello è l'immagine che vediamo dietro S. Giorgio, una foresta intricata di alberi al punto che le chiome si toccano e quasi intrecciano e secondo un andamento stilistico che il pittore adotta si arrotondano. Scrive Propp ( 1972, p. 90 ) "Nell'andare dove le gambe lo portano l'eroe o l'eroina capita in una foresta buia e impenetrabile". Nella scena di Paolo possiamo dire che l'eroe ha appena attraversato la foresta ed ha incontrato il drago, il nemico. La foresta è dunque, per l'eroe, un luogo di passaggio. La foresta è anche un luogo di passaggio dal mondo dei vivi al mondo dei morti, il passaggio nell'Ade ( idem,94 ). Il soggetto di S. Giorgio e il Drago  è genericamente rappresentato in luogo aperto, talvolta con la presenza di un lago, come nella descrizione della Legenda Aurea, ma alle spalle c'è sempre una boscaglia, una foresta. Ad indicare simbolicamente che l'eroe ha attraversato uno spazio obbligato fra il prima e il dopo, uno spazio di iniziazione. Talvolta la scena è ambientata dentro la foresta che sostituisce in questo caso il lago della Legenda o uno spiazzo erboso. Dentro la foresta è infatti ambientato il dipinto di Albrecht Altdorfer, San Giorgio nella foresta, 1510, delle Alte Pinakotheke, di Monaco. Ma torniamo al dipinto di Paolo e alla storia di S. Giorgio. Come per gran parte delle leggende cristiane dobbiamo considerare come i santi-eroi, esseri superiori, spesso dotati di poteri concessi da Dio, prendono esempio, modello, dalla mitologia classica, dagli eroi antichi e dalle loro storie. La storia di S. Giorgio e il Drago è modellata su quella di Perseo e Andromeda. Di ritorno dalla vittoriosa impresa con la quale Perseo ha ucciso Medusa, l'eroe incontra Andromeda, la figlia del re d'Etiopia, che, legata ad una rupe, sta per essere sacrificata ad un orribile e terribile mostro marino. Innamoratesi di Andromeda Perseo sconfigge il mostro e libera la fanciulla.
L'episodio è raffigurato da Piero di Cosimo in un famoso dipinto agli Uffizi.
Piero di Cosimo, Perseo libera Andromeda, 1513-1515 c. Galleria degli Uffizi, Firenze

Al centro del dipinto, sulla groppa del mostro marino vediamo Perseo ( l'eroe ) a sinistra, legata ad un tronco ( non ad una rupe, qui ) è Andromeda ( la fanciulla perseguitata ). Gli elementi essenziali del racconto, anche qui rappresentato in una scena di tono favoloso, sono dunque non diversi, anzi gli stessi, della Storia di S. Giorgio ed il Drago:  l'eroe-guerriero con la spada, il mostro, la fanciulla perseguitata. La presenza dell'elemento liquido, l'acqua del mare ( qui si rappresenta un'insenatura ), rimanda al lago della Legenda Aurea. Dunque, l'immaginario tardo medievale e quattrocentesco si serve dei modelli mitologici di base nella costruzione della vicenda cristiana. Viene, cioè, cristianizzato il racconto: il mostro-drago è il demonio, le forze del male, il paganesimo, la fanciulla la Chiesa, il santo-guerriero le forze del Bene, la Fede. Il drago ( il male per eccellenza ) ha, nella tradizione antica, la vista acutissima e gli occhi molto grandi ( ne parla Omero nell'Odissea ). Lo stesso termine drago ( drakon ) fa riferimento etimologico al verbo greco ( derkesthai, guardare ). Se vediamo i grandi occhi del drago di Paolo Uccello possiamo pensare che il pittore, fra l'altro, riprendesse questo particolare dalla tradizione classica attraverso fonti dirette o attraverso volgarizzamenti ( del drago si parla nella Naturalis Historia di Plinio ). Anche nella Bibbia abbiamo un mostro serpentiforme dalla enorme bocca divoratrice, il Leviathan, un riferimento importante nella definizione del drago nel Medioevo. Gli occhi enormi e la bocca gigantesca e spaventosa sono aspetti che appaiono alla prima a chi guarda il dipinto di Paolo Uccello. Ma il drago ha anche altri aspetti, meno spaventosi, ma caratteristici del tono favolistico. E' il caso delle ali. Abbiamo già detto che le ali membrate del drago sono quelle del pipistrello che servono ad illustrare anche i diavoli e che provengono dal mondo orientale. Queste ali sono ingentilite dalla presenza di cerchi colorati che rimandano alle ali del pavone e che hanno un riferimento mitologico, sono, infatti, gli occhi di Argo posti da Giunone sulla coda dell'animale a lei sacro in memoria del guardiano dai cento occhi che era stato ucciso da Mercurio ( Impelluso, 2003,p.309 pavone ). Nella simbolica cristiana i mille occhi delle ali del pavone sono emblema dell'onniscenza di dio, ma la coda del pavone stesso ha il significato dell'alterigia, della boria, della presunzione. Altri particolari che colpiscono nel drago di Paolo sono i grandi artigli d'aquila ( il drago è un essere sostanzialmente ibrido, composto dalla somma dei particolari di più animali, ad esempio la testa di cammello e le corna di cervo ) che  hanno un riferimento simbolico all'aggressione, alla rapina, alla rapacità. Nella scena di San Giorgio e il drago di Paolo Uccello l'articolazione della figurazione è fatta per accostamento degli opposti che si evidenziano in tutte le parti del dipinto: femminile-maschile, male-bene, umano-bestiale, cristiano-pagano, aria-terra, chiaro-scuro ecc., questi aspetti sono evidenziati anche in cielo: guardiamo in alto, vediamo un cielo sereno, ma c'è la luna, mancano le nubi a sinistra, ma ci sono a destra. Proprio dietro S. Giorgio, una massa di nubi si accerchiano, arrotondano, ispessiscono. Anche qui ci sono occhi, come quelli colorati delle ali , come quelli grandi e orribili della spaventosa testa, del drago, così gli occhi del ciclone, della tempesta che sta per abbattersi. Ma non è una tempesta foriera di un temporale ( il cielo è sereno ), è il ciclone-San Giorgio che sta per abbattersi sul Male, che viene per allontanare per sempre la superstizione, il paganesimo, il demoniaco: è il trionfo della cristianità, la salvezza della Chiesa che è pronta per tenere al guinzaglio, per sempre, il mondo dell'errore. 

Bibliografia:

Paolo D'Ancona, Paolo Uccello, Milano,1960
Stefano Borsi, Paolo Uccello, Dossier Arte, Giunti, Firenze, 2006
Vladimir Ja Propp, Le radici storiche dei racconti di fate, Boringhieri, Torino, 1972 ( 1946.I )
Franco Borsi, Stefano Borsi, Paolo Uccello, Electa Arte, Milano, 2002
Vladimir Ja Propp, Morfologia della fiaba, Torino, Einaudi, 2000 ( I, 1928 )
Rosa Giorgi, Santi, I, Electa Arte, Milano, 2004
Matilde Battistini, Simboli e allegorie, Electa Arte, Milano,2002
Lucia Impelluso, La natura e i suoi simboli, Electa Arte, Milano, 2004
Lucia Impelluso, Eroi e dei dell'antichità, Electa Arte, Milano, 2002
Hans Biederman, Simboli, Garzantine, Milano, 2005
www.wikipedia, Paolo Uccello; San Giorgio e il drago di Paolo Uccello, San Giorgio e il drago di Raffaello; San Giorgio e il drago; drago; San Giorgio.
www.drago.it
    

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